Varicocele
1. Cos’è il varicocele?
Un varicocele è una dilatazione patologica delle vene testicolari (o spermatiche), che decorrono lungo il funicolo spermatico e che hanno il compito di drenare il sangue dai testicoli.
L’insorgenza di un varicocele rappresenta una delle possibili cause di testicolo gonfio.
1.2 Diagnosi
ESAME OBIETTIVO
Durante l’esame obiettivo, il medico provvede a:
• Analizzare le dimensioni dei testicoli.
• Valutare la posizione del rigonfiamento testicolare.
• Toccare il testicolo gonfio e l’esatto punto in cui risiede il rigonfiamento, per vedere se il paziente avverte dolore oppure no.
• Se il sospetto varicocele è lieve, far eseguire al paziente la cosiddetta manovra di Valsalva.
• Valutare se la zona rigonfia ha una consistenza dura o molle.
Quest’ultimo punto (la valutazione della consistenza del testicolo gonfio) è importante per escludere la possibilità che si tratti di un tumore ai testicoli.
ECOGRAFIA SCROTALE
L’ecografia è un esame di diagnostica per immagini sufficientemente esauriente e del tutto innocuo.
Per la sua realizzazione occorre una sonda a ultrasuoni, la quale, appoggiata sulla cute del paziente, ne proietta su un monitor gli organi e i tessuti interni presenti nella zona considerata.
In caso di sospetto varicocele, l’ecografia dello scroto (o scrotale) è molto utile, perché permette di chiarire qual è la precisa causa del rigonfiamento.
Ecografia addominale e varicocele
Come precedentemente discusso, un varicocele può essere provocato da un tumore addominale o pelvico, specie nei soggetti adulti attorno alla quarantina. Pertanto, in alcuni casi, il medico potrebbe prescrivere un’ecografia addominale allo scopo di chiarire anche questa possibilità.
DIAGNOSI DI VARICOCELE E TEST DI FERTILITÀ MASCHILE
Talvolta, la dilatazione delle vene testicolari è così lieve che il varicocele passa inosservato e la persona affetta rimane all’oscuro del disturbo di cui soffre.
Pertanto, in situazioni come queste, la diagnosi (quando avviene) è casuale e, spesso, successiva a un test di fertilità maschile, svolto dal paziente dopo aver riscontrato delle difficoltà nell’avere figli.
1.3 Trattamento
La maggior parte dei pazienti con varicocele non ha bisogno di alcun trattamento specifico e conduce una vita normale.
Se, però, al varicocele si accompagnano dolore, atrofia testicolare e/o riduzione della fertilità, potrebbe diventare indispensabile sottoporsi a un intervento chirurgico specifico.
Lo scopo della chirurgia è isolare o bloccare le vene testicolari dilatate e costringere il sangue venoso a prendere un percorso alternativo (N.B: le vene testicolari sono più canali distinti e, in caso di varicocele, non tutte sono interessate dal disturbo).
CHIRURGIA
Esistono 3 possibili approcci chirurgici per la cura del varicocele.
Ogni approccio presenta vantaggi e svantaggi specifici. L’illustrazione al paziente dei pro e dei contro di ogni operazione avviene, ovviamente, prima dell’intervento e, ad occuparsene, è in genere il chirurgo operante.
Venendo alle 3 possibili metodiche d’intervento, queste consistono in:
-Procedura chirurgica laparoscopica.
La laparoscopia è una tecnica chirurgica minimamente invasiva, grazie alla quale il medico operante può accedere alla cavità addominale e alla cavità pelvica di un paziente, senza ricorrere alle grandi incisioni richieste dalla chirurgia tradizionale “a cielo aperto”. Le incisioni laparoscopiche, infatti, misurano solo un centimetro, che è quanto basta per introdurre gli strumenti chirurgici necessari all’isolamento delle vene testicolari dilatate. L’anestesia prevista in caso di laparoscopia è di tipo generale e le dimissioni avvengono, in genere, qualche ora dopo la conclusione dell’operazione.
Tempi di recupero: poiché le incisioni sono più piccole, rispetto a quelle effettuate per un intervento di chirurgia tradizionale, i tempi di recupero sono più brevi.
Attività sessuale: la minore invasività dell’operazione permette di riprendere la normale attività sessuale in tempi più veloci, rispetto a quanto accade per l’intervento di chirurgia tradizionale.
Terapia farmacologica post-intervento: come nel caso della procedura tradizionale, se il paziente dovesse avvertire qualche dolore, è invitato ad assumere degli antidolorifici come il paracetamolo.
-Procedura chirurgica tradizionale o “a cielo aperto”.
Caratteristiche principali: eseguita in anestesia generale o locale, la procedura chirurgica tradizionale prevede un’incisione cutanea di diversi centimetri in prossimità dell’inguine e l’isolamento delle vene testicolari dilatate.
L’incisione può avvenire in più sedi alternative: a livello inguinale, a livello addominale (o retroperitoneale) o a livello sottoinguinale.
Per poter isolare correttamente e soltanto le vene dilatate, il chirurgo si avvale di un microscopio chirurgico o di un ecodoppler.
Concluso l’intervento, l’incisione viene richiusa con diversi punti di sutura e il paziente deve attendere qualche ora prima delle dimissioni.
Tempi di recupero: dopo 2 giorni il paziente può già tornare a svolgere le attività di vita quotidiana più leggere. Per la ripresa delle attività più pesanti (come per esempio lo sport), occorrono almeno 2 settimane.
Attività sessuale: prima di riprendere una normale attività sessuale, il paziente operato deve attendere diverse settimane. Inoltre, affinché abbia luogo un miglioramento concreto della fertilità, pare che sia necessaria un’attesa di circa 3 mesi.
Terapia farmacologica post-intervento: dopo l’intervento il paziente potrebbe avvertire dolore in corrispondenza della zona operata. In questi casi, il medico consiglia di assumere alcuni farmaci antidolorifici, come per esempio paracetamolo o ibuprofene.
-Procedura di embolizzazione percutanea.
Caratteristiche principali: eseguita in anestesia locale, l’embolizzazione percutanea consiste nel bloccare le vene testicolari dilatate, mediante speciali sostanze embolizzanti o piccole spirali metalliche (N.B: “embolizzanti” significa “che creano un embolo”; un embolo è una qualsiasi sostanza o corpo, incapace di sciogliersi nel sangue e che blocca il flusso sanguigno nei vasi in cui si trova).
L’introduzione del materiale per il bloccaggio avviene per mezzo di un catetere speciale; questo catetere viene, prima, introdotto in una vena del braccio o dell’inguine e, poi, condotto nel punto desiderato sotto la guida di una strumentazione a raggi X.
Le dimissioni avvengono, di solito, una volta terminati gli effetti dell’anestesia locale.
Tempi di recupero: la procedura non prevede incisioni, pertanto i tempi di recupero sono molto rapidi; il paziente, infatti, può tornare quasi immediatamente alla vita di tutti i giorni.