Un varicocele è una dilatazione patologica delle vene testicolari (o spermatiche), che decorrono lungo il funicolo spermatico e che hanno il compito di drenare il sangue dai testicoli.
L’insorgenza di un varicocele rappresenta una delle possibili cause di testicolo gonfio.
ESAME OBIETTIVO
Durante l’esame obiettivo, il medico provvede a:
• Analizzare le dimensioni dei testicoli.
• Valutare la posizione del rigonfiamento testicolare.
• Toccare il testicolo gonfio e l’esatto punto in cui risiede il rigonfiamento, per vedere se il paziente avverte dolore oppure no.
• Se il sospetto varicocele è lieve, far eseguire al paziente la cosiddetta manovra di Valsalva.
• Valutare se la zona rigonfia ha una consistenza dura o molle.
Quest’ultimo punto (la valutazione della consistenza del testicolo gonfio) è importante per escludere la possibilità che si tratti di un tumore ai testicoli.
ECOGRAFIA SCROTALE
L’ecografia è un esame di diagnostica per immagini sufficientemente esauriente e del tutto innocuo.
Per la sua realizzazione occorre una sonda a ultrasuoni, la quale, appoggiata sulla cute del paziente, ne proietta su un monitor gli organi e i tessuti interni presenti nella zona considerata.
In caso di sospetto varicocele, l’ecografia dello scroto (o scrotale) è molto utile, perché permette di chiarire qual è la precisa causa del rigonfiamento.
Ecografia addominale e varicocele
Come precedentemente discusso, un varicocele può essere provocato da un tumore addominale o pelvico, specie nei soggetti adulti attorno alla quarantina. Pertanto, in alcuni casi, il medico potrebbe prescrivere un’ecografia addominale allo scopo di chiarire anche questa possibilità.
DIAGNOSI DI VARICOCELE E TEST DI FERTILITÀ MASCHILE
Talvolta, la dilatazione delle vene testicolari è così lieve che il varicocele passa inosservato e la persona affetta rimane all’oscuro del disturbo di cui soffre.
Pertanto, in situazioni come queste, la diagnosi (quando avviene) è casuale e, spesso, successiva a un test di fertilità maschile, svolto dal paziente dopo aver riscontrato delle difficoltà nell’avere figli.
La maggior parte dei pazienti con varicocele non ha bisogno di alcun trattamento specifico e conduce una vita normale.
Se, però, al varicocele si accompagnano dolore, atrofia testicolare e/o riduzione della fertilità, potrebbe diventare indispensabile sottoporsi a un intervento chirurgico specifico.
Lo scopo della chirurgia è isolare o bloccare le vene testicolari dilatate e costringere il sangue venoso a prendere un percorso alternativo (N.B: le vene testicolari sono più canali distinti e, in caso di varicocele, non tutte sono interessate dal disturbo).
CHIRURGIA
Esistono 3 possibili approcci chirurgici per la cura del varicocele.
Ogni approccio presenta vantaggi e svantaggi specifici. L’illustrazione al paziente dei pro e dei contro di ogni operazione avviene, ovviamente, prima dell’intervento e, ad occuparsene, è in genere il chirurgo operante.
Venendo alle 3 possibili metodiche d’intervento, queste consistono in:
-Procedura chirurgica laparoscopica.
La laparoscopia è una tecnica chirurgica minimamente invasiva, grazie alla quale il medico operante può accedere alla cavità addominale e alla cavità pelvica di un paziente, senza ricorrere alle grandi incisioni richieste dalla chirurgia tradizionale “a cielo aperto”. Le incisioni laparoscopiche, infatti, misurano solo un centimetro, che è quanto basta per introdurre gli strumenti chirurgici necessari all’isolamento delle vene testicolari dilatate. L’anestesia prevista in caso di laparoscopia è di tipo generale e le dimissioni avvengono, in genere, qualche ora dopo la conclusione dell’operazione.
Tempi di recupero: poiché le incisioni sono più piccole, rispetto a quelle effettuate per un intervento di chirurgia tradizionale, i tempi di recupero sono più brevi.
Attività sessuale: la minore invasività dell’operazione permette di riprendere la normale attività sessuale in tempi più veloci, rispetto a quanto accade per l’intervento di chirurgia tradizionale.
Terapia farmacologica post-intervento: come nel caso della procedura tradizionale, se il paziente dovesse avvertire qualche dolore, è invitato ad assumere degli antidolorifici come il paracetamolo.
-Procedura chirurgica tradizionale o “a cielo aperto”.
Caratteristiche principali: eseguita in anestesia generale o locale, la procedura chirurgica tradizionale prevede un’incisione cutanea di diversi centimetri in prossimità dell’inguine e l’isolamento delle vene testicolari dilatate.
L’incisione può avvenire in più sedi alternative: a livello inguinale, a livello addominale (o retroperitoneale) o a livello sottoinguinale.
Per poter isolare correttamente e soltanto le vene dilatate, il chirurgo si avvale di un microscopio chirurgico o di un ecodoppler.
Concluso l’intervento, l’incisione viene richiusa con diversi punti di sutura e il paziente deve attendere qualche ora prima delle dimissioni.
Tempi di recupero: dopo 2 giorni il paziente può già tornare a svolgere le attività di vita quotidiana più leggere. Per la ripresa delle attività più pesanti (come per esempio lo sport), occorrono almeno 2 settimane.
Attività sessuale: prima di riprendere una normale attività sessuale, il paziente operato deve attendere diverse settimane. Inoltre, affinché abbia luogo un miglioramento concreto della fertilità, pare che sia necessaria un’attesa di circa 3 mesi.
Terapia farmacologica post-intervento: dopo l’intervento il paziente potrebbe avvertire dolore in corrispondenza della zona operata. In questi casi, il medico consiglia di assumere alcuni farmaci antidolorifici, come per esempio paracetamolo o ibuprofene.
-Procedura di embolizzazione percutanea.
Caratteristiche principali: eseguita in anestesia locale, l’embolizzazione percutanea consiste nel bloccare le vene testicolari dilatate, mediante speciali sostanze embolizzanti o piccole spirali metalliche (N.B: “embolizzanti” significa “che creano un embolo”; un embolo è una qualsiasi sostanza o corpo, incapace di sciogliersi nel sangue e che blocca il flusso sanguigno nei vasi in cui si trova).
L’introduzione del materiale per il bloccaggio avviene per mezzo di un catetere speciale; questo catetere viene, prima, introdotto in una vena del braccio o dell’inguine e, poi, condotto nel punto desiderato sotto la guida di una strumentazione a raggi X.
Le dimissioni avvengono, di solito, una volta terminati gli effetti dell’anestesia locale.
Tempi di recupero: la procedura non prevede incisioni, pertanto i tempi di recupero sono molto rapidi; il paziente, infatti, può tornare quasi immediatamente alla vita di tutti i giorni.