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Tumore del colon-retto

Presso la Nuova Clinica Annunziatella è presente un   centro d’eccellenza per la Diagnosi e Cura Chirurgica del  Tumore del Colon-Retto.

L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE E DELLA DIAGNOSI PRECOCE

Insieme al Dott. Marco Maria Lirici Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Laparoscopica e Tecnologie Avanzate della Nuova Clinica Annunziatella, facciamo il punto su una delle neoplasie più diffuse del mondo occidentale.

Il Tumore del Colon-Retto cos’è ?

Il Tumore del Colon-Retto insorge nel grosso intestino, ovvero nel colon e nel retto, ed è causato dalla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa, cioè del rivestimento interno della parete intestinale. Il tumore si sviluppa più spesso nel colon (circa il 70% dei casi) e meno frequentemente nel retto (30%). È un tumore che si può prevenire o guarire se diagnosticato precocemente. Nella gran parte dei casi infatti il tumore si determina attraverso la formazione iniziale dei cosiddetti polipi adenomatosi, lesioni dovute a una proliferazione cellulare alterata ma inizialmente benigne e solo nel tempo capaci di evolvere in cancro. 

Il tumore del colon-retto colpisce prevalentemente le persone di età compresa fra i 60 e i 75 anni anche se, negli ultimi anni, si è riscontrato un aumento delle lesioni iniziali nelle fasce d’età più giovani.

Quali sono i sintomi ?

La sintomatologia è spesso tardiva e può consistere in dolore addominaledifficoltà ad andare di corpo, con modificazioni delle proprie abitudini. Ad esempio una stitichezza ostinata che compare in un paziente con abitudini regolari, può far sospettare la presenza di una neoplasia, come allo stesso modo va considerata sospetta una diarrea che diviene cronica. Alcuni pazienti affetti da carcinoma dell’ultima parte del retto lamentano la difficile emissione di feci che hanno un aspetto “a matita o a nastro”.

Altro sintomo presente frequentemente è il sanguinamento. Il paziente osserva l’emissione di sangue insieme alle feci, completamente od in parte coagulato. È infatti possibile effettuare un test per la diagnosi precoce ricercando il sangue occulto nelle feci.

Altri sintomi possono essere il calo del peso, la diminuzione dell’appetito, la nausea od episodi di vomito.

I fattori di rischio

I principali fattori di rischio si riconducono a stili di vita e familiarità. Fattori di rischio sono rappresentati da: 

  • consumo di carni rosse e di insaccati
  • farine e zuccheri raffinati 
  • sovrappeso e ridotta attività fisica
  • fumo
  • eccesso di alcol
  • familiarità con patologie quali la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. 

Fattori di protezione sono, invece, rappresentati da: 

  •  consumo di frutta e verdure
  • carboidrati non raffinati
  • vitamina D
  • calcio
  • somministrazione di antinfiammatori non steroidei per lungo tempo.
Prevenzione

Lo screening per il tumore del colon-retto può salvare la vita, perché una eventuale diagnosi precoce offre maggiori opportunità terapeutiche. 

La prevenzione ideale, cosiddetta Primaria, si basa sulla correzione dei fattori di rischio eliminabili (dieta, mancanza di attività fisica, fumo, alcol…). La prevenzione di maggior impatto è però la prevenzione Secondaria : LO SCREENING.

Il programma di screening del colon-retto è indirizzato a uomini e donne dai 50 ai 69 anni di età. Si tratta di un intervento di prevenzione attiva, effettuato con la ricerca di sangue occulto nelle feci e, nei casi positivi, successiva colonscopia (oggi eseguibile attraverso diverse metodiche). Viene ripetuto a intervalli variabili da due a cinque anni, con esigenze più stringenti nel caso in cui siano presenti fattori di rischio (familiarità di primo grado, presenza di polipi o malattie infiammatorie croniche intestinali).

Lo screening facilita l’identificazione e quindi la rimozione di precursori (adenomi), prima che si trasformino in carcinoma. Aumenta così la probabilità di scoprire carcinomi in stadio iniziale, con una conseguente riduzione della mortalità.

Diagnosi

La diagnosi di cancro colo-rettale è affidata all’endoscopia, che ottiene biopsie per la conferma istopatologica. Dovrebbe considerare di sottoporsi a una colonscopia – previa consultazione con il proprio medico – chiunque manifesti uno dei seguenti sintomi:

  • perdita di sangue dal retto o sangue sulla carta igienica dopo evacuazione
  • diarrea protratta nel tempo
  • modifiche nella consistenza e nella forma delle feci, tenesmo (stimolo inappropriato all’evacuazione)
  • dolore addominale

COLONSCOPIA

COLONSCOPIA VIRTUALE

Come si cura?

La cura del cancro del colon retto è principalmente chirurgica, seguita dalla terapia medica (chemioterapica ed immunoterapica). Nel cancro del retto, in relazione a quanto la malattia sia sviluppata, la chirurgia può essere preceduta dalla radio e chemioterapia (trattamento neoadiuvante).

Chirurgia

Il trattamento chirurgico prevede che sia asportato il tratto di colon malato, con un ampio margine di sicurezza rispetto alla sede del tumore, e tutti i linfonodi ed i vasi che interessano quella zona. Ad esempio se il tumore è localizzato a destra, vicino all’appendice, è necessario portar via tutto il colon destro, con i i linfonodi che si trovano in prossimità di arterie e vene destinate a quel tratto; sarà poi necessario anastomizzare, cioè ricucire, l’intestino tenue al colon rimasto. Allo stesso modo nei tumori della parte sinistra del colon (discendente e sigma) si rende necessaria l’asportazione in blocco della parte sinistra del colon, dei vasi e dei linfonodi .

Discorso a parte per i tumori che insorgono negli ultimi 15 cm dell’intestino crasso, il retto. In questo caso è necessario un accurato studio preparatorio per stabilire la distanza del tumore dallo sfintere anale. Se questa fosse troppo breve, sarebbe necessario asportare in blocco l’intestino e gli sfinteri, condannando il paziente ad evacuare le feci in un sacchetto per sempre. Attualmente, però, è possibile salvare lo sfintere sia sottoponendo il paziente ad un trattamento radiante e chemioterapia pre-operatorio, sia impiegando sofisticati sistemi di dissezione chirurgica, in laparoscopica o con il robot, che permettono di asportare radicalmente il tumore lasciando indenne lo sfintere.

In alcuni casi non è possibile salvare lo sfintere, perché il tumore è troppo basso ed infiltra lo sfintere stesso. Quindi sarà necessaria l’asportazione del retto e dell’ano e la creazione di una colostomia.

In altri casi è necessario praticare l’intervento in due tempi, perché è presente un’occlusione intestinale od un sanguinamento. Nel primo tempo si asporterà il tumore e si creerà una collosissima e nel secondo si ricollegherà l’intestino.

Chirurgia Laparoscopica

La chirurgia laparoscopica non solo permette di eseguire questi interventi nella maniera oncologicamente più corretta, come descritto sopra, ma, grazie all’ingrandimento delle immagini ed alla possibilità di raggiungere con la telecamera zone altrimenti poco visibili, rende la dissezione più precisa e meticolosa.

La classica incisione mediana, che normalmente si estende dal pube allo sterno, viene sostituita da 4 incisioni di massimo 10 mm l’una e da un’incisione, per l’estrazione dell’organo, equivalente a quella dell’appendicectomia.

La possibilità di eseguire dissezioni estese e ricostruzioni della continuità intestinale con dispositivi altamente tecnologici e sempre più sicuri, ha ridotto ormai la necessità di ricorrere alla colostomia definitiva (sacchetto in cui si svuotano le feci), che viene impiegata, talvolta, solo come metodo per mettere temporaneamente a riposo un tratto di intestino. Il ridotto ricorso alle colostomie definitive, rispetto ad un tempo, è legato anche all’impiego di terapie complementari (radio-chemioterapia preoperatoria) che consentono di ridurre l’estensione della neoplasia e di salvare lo sfintere anale. Per intenderci, nei tumori molto vicini allo sfintere anale è necessario lasciare un tratto di circa 2 cm di intestino sano per garantire che l’asportazione del tumore sia avvenuta radicalmente; applicando la radio-chemioterapia preoperatoria si riduce la grandezza del tumore stesso riuscendo a recuperare tessuto sano verso lo sfintere, che sarà così salvato durante l’intervento chirurgico. Per applicare questa tecnica, soprattutto in laparoscopia, è necessaria molta esperienza con questo tipo di chirurgia, anche perché l’anastomosi avviene proprio a livello dell’ano (anastomosi colo anale).

Per ridurre il disagio anche della semplice stomia temporanea il chirurgo può eseguire una “ghost ileostomy” od ileostomia fantasma; questa consiste nel circondare un’ansa intestinale, opportunamente scelta, con un sottile laccio di plastica che viene fatto fuoriuscire attraverso la cute. Qualora vi fosse la necessità di confezionare una ileostomia, il chirurgo userà questo piccolo laccio come guida per estrarre in anestesia locale l’ansa intestinale prescelta.

Come espresso da alcuni autori, il recupero più rapido da parte del paziente permette di iniziare prima eventuali terapie oncologiche postoperatorie, con i conseguenti benefici. Inoltre il ridotto dolore permette all’operato di alzarsi dal letto e camminare già il giorno successivo all’intervento, migliorando quindi i tempi di recupero muscolare, aspetto fondamentale del postoperatorio dei pazienti più anziani; il ridotto allettamento riduce inoltre la stasi polmonare, perché il paziente seduto od in piedi respira meglio, con conseguente diminuzione delle complicanze respiratorie. Anche l’attività intestinale riprende velocemente e il paziente riesce ad alimentarsi già dopo un paio di giorni, ripristinando quindi il proprio equilibrio idrico e metabolico.

Tanti risultati sono stati ottenuti in questi anni per rendere più sopportabile la chirurgia negli interventi maggiori, ma solo negli ultimi 10 anni, con l’adozione di tecniche anestesiologiche mirate, antidolorifiche postoperatorie e di chirurgia mini invasive, si è quasi raggiunto il concetto di “chirurgia senza dolore”.

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