Skip to main content

La sicurezza di un Ospedale, il comfort di una clinica Privata

Tiroide

Prof. Adriano Redler

Prof. Enrico De Antoni

Prof. Guglielmo Ardito

La tiroide o ghiandola tiroidea è una ghiandola collocata in corrispondenza del confine tra laringe e trachea, alla base della porzione anteriore del collo. Sotto il costante controllo dell’ipofisi, il ruolo della tiroide è quello di produrre e secernere gli ormoni tiroidei, necessari per la crescita e lo sviluppo dell’organismo.

1.1 Che cos’è la tiroide?

La tiroide si trova in corrispondenza del confine tra laringe e trachea, alla base della porzione anteriore del collo. In condizioni fisiologiche la ghiandola si presenta di piccole dimensioni. Il suo peso, piuttosto variabile, in genere si attesta tra i 10 e i 50 grammi. Costituita da due lobi simmetrici collegati nella parte anteriore da un piccolo istmo e poggiati posteriormente contro gli anelli cartilaginei che formano la trachea, la forma ricorda quella di una farfalla. La sua collocazione, piuttosto superficiale, le consente di essere facilmente raggiungibile all’ispezione e alla palpazione. Posteriormente ai lobi tiroidei sono collocate le ghiandole paratiroidee o paratiroidi.

Ricoperta da una capsula fibrosa, la ghiandola tiroidea è molto vascolarizzata e ospita al suo interno due tipi di cellule: le cellule C (o parafollicolari) e i follicoli tiroidei. Le cellule C sono quelle deputate alla secrezione dell’ormone che regola i livelli di calcio nel sangue, la calcitonina. I follicoli tiroidei sono i più numerosi: il loro compito è quello di raccogliere lo iodio circolante nel sangue e di trasformarlo in preormone tiroideo, che viene poi immagazzinato in specifiche vescicole di cui sono provvisti.

I follicoli tiroidei hanno forma sferoidale o ellissoidale e sono dotati di una cavità centrale ripiena di una sostanza densa, detta colloide. Il colloide è il prodotto della secrezione degli elementi che compongono la parete dei follicoli; al suo interno si trovano grandi quantità di tireoglobulina, una proteina iodata che costituisce la forma di deposito delle principali componenti degli ormoni tiroidei, la T3 (triiodiotironina) e la T4 (tetraiodiotironina o tiroxina). Al momento del bisogno la sostanza colloide viene frammentata dall’attività metabolica delle cellule follicolari (mediante l’intervento di un enzima specifico) ottenendo la triiodiotironina (per un 20% circa) e la tetraiodiotironina (per l’80%), che vengono immesse nell’ampia rete sanguigna che irrora la ghiandola. Le cellule costituenti i follicoli tiroidei sono chiamate tireociti.

1.2 A cosa serve la tiroide?

La tiroide, che agisce sotto controllo dell’ipofisi, è la ghiandola preposta alla produzione e alla secrezione degli ormoni tiroidei, necessari per la crescita e lo sviluppo dell’organismo.


1.3 Noduli alla tiroide

I noduli tiroidei sono delle tumefazioni delimitate che si formano all’interno della tiroide, alterando il normale aspetto uniforme della ghiandola. Possono essere liquidi, solidi o misti. La maggior parte dei noduli è benigna e non determina alterazioni funzionali della tiroide. Sebbene siano spesso asintomatici, alcuni noduli tiroidei possono provocare effetti compressivi sulle strutture circostanti la ghiandola, determinando un senso di costrizione, difficoltà nella respirazione o nella deglutizione. Diverse le opzioni di trattamento disponibili, che dipendono dal tipo di nodulo.

1.4 Che cosa sono i noduli alla tiroide?

I noduli tiroidei sono delle tumefazioni delimitate che si formano all’interno della tiroide. Possono essere liquidi, solidi o misti. Il riscontro di un nodulo alla tiroide è molto frequente soprattutto nelle donne e con l’avanzare dell’età.

1.5 Quali sono le cause dei noduli alla tiroide?

La causa principale è rappresentata dalla carenza moderata-lieve di iodio che caratterizza il nostro Paese e che comporta una maggiore frequenza di gozzo che può essere diffuso, uni o multi nodulare. Va sottolineato che meno del 5% dei noduli è una neoplasia maligna della tiroide.

1.6 Quali sono i sintomi dei noduli alla tiroide?

Molto spesso i noduli alla tiroide sono asintomatici. In altri casi, però, può accadere che il nodulo vada a comprimere le strutture circostanti la tiroide determinandodifficoltà nella respirazione o nella deglutizione e senso di costrizione.

1.7 Come prevenire i noduli alla tiroide?

La più efficace prevenzione dei noduli tiroidei è la iodoprofilassi, facilmente attuabile mediante il consumo di sale iodato.

1.8 Diagnosi

Per diagnosticare la presenza di noduli alla tiroide possono essere necessari:
• Esami del sangue per valutare la funzione della tiroide, per effettuare il dosaggio degli anticorpi anti-tiroidei e per misurare la presenza di Calcitonina (marker di un raro tipo di carcinoma della tiroide).
• Ecografia tiroidea, meglio se con color-doppler: con questa procedura diagnostica è possibile rilevare con precisione la presenza e le dimensioni dei noduli, il grado di vascolarizzazione e la loro struttura interna (solida, liquida, mista). Questo esame diagnostico viene utilizzato anche per monitorare i noduli nel tempo, per verificare ad esempio se aumentano di dimensioni.
• Scintigrafia tiroidea è utile in specifici casi, ovvero nei pazienti con ipertiroidismoin cui si sospetti l’iperfunzione delle formazioni nodulari.
• Agoaspirato del nodulo tiroideo: è un’indagine di secondo livello attraverso cui vengono prelevate dal nodulo alcune cellule che verranno poi sottoposte a esame citologico per chiarire la natura del nodulo stesso.

1.9 Trattamenti

La terapia dei noduli tiroidei varia in base alla diagnosi effettuata. Si possono distinguere diversi casi:
• Quando la presenza del nodulo o dei noduli non provoca alcun disturbo (funzionalità normale della tiroide, esame citologico nella norma, noduli stabili nel tempo, assenza di disturbi locali) può essere indicato solo un monitoraggio periodico nel tempo.
• In caso di noduli iperfunzionanti, ovvero che producono un eccesso di ormoni tiroidei, la terapia prevede: l’impiego di farmaci in grado di ridurre la produzione degli ormoni tiroidei da parte della tiroide; l’impiego della terapia radiometabolica medico-nucleare (radioiodio) in grado di ridurre la funzionalità dei noduli; la terapia chirurgica: asportazione della tiroide (tiroidectomia) che può essere parziale o totale.
• Quando i noduli risultano benigni e normofunzionanti la terapia medica può prevedere in determinati casi (noduli non troppo voluminosi, soggetti giovani senza controindicazioni) la somministrazione dell’ormone tiroideo allo scopo di tenere il TSH (l’ormone che stimola la tiroide) a livelli più bassi del normale, con l’obiettivo di evitare la crescita e/o far ridurre le dimensioni del nodulo (sull’efficacia di questa terapia, tuttavia, è ancora aperto il dibattito nella comunità scientifica).
• In caso di nodulo maligno il trattamento sarà chirurgico: la tiroidectomia(rimozione della tiroide) può essere parziale o totale, a seconda delle esigenze.

2. Carcinoma della tiroide

2.1 Che cos’è la tiroide?

La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posta immediatamente sotto il pomo di Adamo, che gioca un ruolo chiave nel controllo del metabolismo mediante la produzione degli ormoni tiroidei (T4 e T3), sostanze che, tramite il sangue, raggiungono ogni distretto del nostro organismo. La funzione di questa ghiandola è regolata dall’ipofisi (una piccola ghiandola localizzata alla base del cranio), che agisce sulla tiroide mediante il “thyroid – stimulating hormone” (TSH). La corretta funzione della tiroide richiede un adeguato apporto di iodio, la cui carenza è responsabile della comparsa di gozzo semplice o nodulare.

2.2 Cos’è il carcinoma della tiroide?

Il carcinoma della tiroide viene considerata una neoplasia rara in quanto costituisce il 2% di tutti i tumori. Si può manifestare a tutte le età, con massima incidenza tra i 25 e i 60 anni e con una maggiore prevalenza nel sesso femminile. Tali neoplasie sono invece molto rare nei bambini. La sopravvivenza è molto elevata, superando il 90% a 5 anni nelle forme differenziate.
I tumori della tiroide originano nella maggior parte dei casi dalle cellule follicolari (che compongono il tessuto tiroideo insieme alle cellule parafollicolari o C) e si distinguono in:
carcinoma papillare: è la forma più frequente di carcinoma differenziato della tiroide (circa il 75%). Presenta una crescita lenta e può dare luogo a metastasi che interessano i linfonodi del collo. In alcuni pazienti il tumore è multifocale e può interessare entrambi i lobi della tiroide.
carcinoma follicolare: rappresenta circa il 15% dei carcinomi differenziati della tiroide e può dare luogo a metastasi a distanza. Colpisce per lo più persone di età superiore ai 50 anni. – carcinoma anaplastico: è un tipo di tumore raro (<1% dei tumori della tiroide) ma particolarmente aggressivo e di difficile gestione, in quanto dà metastasi a distanza molto precocemente.
carcinoma midollare: origina dalle cellule parafollicolari (o cellule C) e si caratterizza per la presenza di elevati livelli circolanti di calcitonina. Tale tumore può avere un andamento familiare e può essere la manifestazione di sindromi genetiche quali la sindrome neoplastica multiple tipo 2 (MEN2).

2.3 Quali sono i fattori di rischio per il carcinoma della tiroide?

Un fattore di rischio accertato per il carcinoma differenziato della tiroide è l’esposizione a radiazioni. Il tumore della tiroide è infatti più comune in persone sottoposte a radioterapia sul collo per altre neoplasie o esposte a ricadute di materiale radioattivo come accaduto dopo l’esplosione della centrale nucleare di Cernobyl.

2.4 Come si effettua la diagnosi di carcinoma della tiroide?

Il sintomo più comune del tumore della tiroide è il riscontro alla palpazione o all’osservazione di un nodulo tiroideo. Solo il 3-5% di tutti i noduli della tiroide sono però forme tumorali maligne.
In alcuni casi, in presenza di un carcinoma tiroideo possono essere riscontrati in sede laterocervicale masse linfonodali anche di dimensioni e consistenza importanti.

Una volta accertata la presenza di noduli tiroidei, generalmente si effettuano ulteriori approfondimenti diagnostici, in particolare:
• valutazione della funzione della ghiandola: si effettua misurando i livelli circolanti di TSH, FT4 ed FT3 come pure gli anticorpi anti Tireoglobulina e anti Tireoperossidasi. Di nessuna utilità è invece il dosaggio della tireoglobulina.
• ecografia tiroidea: è l’esame radiologico di prima scelta. Di semplice esecuzione, consente di valutare sia le dimensioni sia le caratteristiche ecostrutturali dei noduli. Costituiscono segni di sospetto ecografico la presenza di microcalcificazioni, di vascolarizzazione intra-nodulare e l’irregolarità dei margini del nodulo.
• agoaspirato con ago sottile: è indicato in presenza di un nodulo singolo o di un nodulo sospetto nell’ambito di un gozzo multinodulare. Il campione di cellule così raccolto viene sottoposto ad esame citologico consentendo di distinguere, in un buon numero di casi, un nodulo benigno da un nodulo maligno.
• scintigrafia tiroidea: fornisce importanti informazioni sul comportamento funzionale della tiroide e dei noduli tiroidei, in particolare nei casi in cui il nodulo all’esame citologico venga considerato dubbio. E’ un esame molto semplice, basato sulla somministrazione per via endovenosa di un tracciante radioattivo (99mTc-pertecnetato) che viene elettivamente captato dalle cellule tiroidee
• misurazione dei livelli di calcitonina, sostanza che rappresenta il marker specifico del carcinoma midollare della tiroide. In caso di livelli dubbi di calcitonina, può essere indicato un test di stimolo con calcio o con penta gastrina, in regime di Day Hospital.
• test genetici: l’esecuzione può essere indicata nel caso di un carcinoma midollare della tiroide, dal momento che questo tipo di tumore può avere un andamento familiare ed essere parte di sindromi genetiche quali la sindrome neoplastica endocrina tipo 2 (MEN2).
• TAC, RMN e PET/CT: consentono la stadiazione del tumore identificando le possibili sedi di diffusione della malattia.

2.5 Quali sono i trattamenti per il carcinoma della tiroide?

Esistono vari tipi di trattamenti, che si possono dividere in chirurgici e non chirurgici.
Trattamenti chirurgici:
In tutti i casi di carcinoma della tiroide, la chirurgia rappresenta la prima opzione terapeutica. Generalmente, in presenza di un tumore della tiroide viene eseguita di routine la tiroidectomia totale. La linfadenectomia del compartimento centrale è sempre eseguita in presenza di una carcinoma midollare, mentre in presenza di un carcinoma differenziato (follicolare o papillare) è eseguita solo se intraoperatoriamente si evidenziano linfonodi sospetti per metastasi o di dimensioni aumentate.
Particolare attenzione viene dedicata anche al risultato estetico, grazie all’utilizzo di suture intradermiche con materiale riassorbibile e alla raccomandazione di massaggi postoperatori della ferita con creme dedicate per ridurre l’incidenza di cicatrici ipertrofiche.
Trattamenti non chirurgici:
Dopo l’intervento di tiroidectomia è generalmente indicata l’ablazione del residuo tiroideo mediante iodio-131. Lo scopo della Terapia Radiometabolica con iodio 131 è distruggere il tessuto tiroideo normale che quasi sempre residua anche dopo una tiroidectomia totale ed eliminare eventuali microfocolai neoplastici presenti all’interno dei residui tiroidei o in altre sedi. Un secondo obiettivo di questa terapia è rendere più efficace il follow-up mediante il dosaggio della tireoglobulina sierica e l’eventuale esecuzione della scintigrafia total-body con iodio 131. La terapia radiometabolica può essere eseguita solamente in strutture autorizzate all’impiego terapeutico dello iodio 131 e deve essere eseguita in regime di “ricovero protetto”, in particolari stanze dedicate alla Medicina Nucleare.
La terapia radiante e la chemioterapia sono infine indicate nel caso di tumori altamente aggressivi e inoperabili o in quelli caratterizzati da de-differenziazione.

2.6 Cosa succede dopo la fine delle terapie?

Il follow up è differenziato a seconda del tipo di carcinoma della tirodie che è stato trattato.
Carcinoma differenziato della tiroide: i pazienti, trattati con ormone tiroideo (L-Tiroxina) ad un dosaggio tale da mantenere ridotti livelli di TSH, vengono periodicamente sottoposti ad ecografia del collo e alla determinazione dei livelli circolanti di TSH, FT4, FT3, anticorpi anti tireoglobulina e tireoglobulina (che costituisce un buon marker di malattia nel paziente tiroidectomizzato). In casi selezionati anche può essere indicato valutare la risposta della tireoglobulina dopo stimolo con TSH ricombinante umano o procedere ad una Scintigrafia totale corporea con I131.
Carcinoma midollare della tiroide: dopo l’intervento i pazienti effettuano una terapia con ormone tiroideo (L-Tiroxina) al fine di ovviare all’ipotiroidismo conseguente alla rimozione della tiroide, e vengono periodicamente rivalutati previo dosaggio di TSH, FT4, FT3 e calcitonina.

3. Ipotiroidismo

3.1 Cos’è l’ipotiroidismo?

L’ipotiroidismo è una sindrome dovuta ad una insufficiente azione degli ormoni tiroidei a livello dei vari tessuti; più spesso ciò avviene quando la tiroide non produce una quantità sufficiente di ormoni. Ciò determina uno squilibrio in tutto l’organismo.
L’ipotiroidismo influenza le reazioni chimiche che avvengono in tutto il corpo determinando un rallentamento dei processi metabolici. Si tratta di una condizione che, nella sua fase precoce, raramente causa sintomi evidenti; qualora si protragga nel tempo, può però portare a seri problemi di salute.

Quali sono le cause dell’ipotiroidismo?

Fra le cause di ipotiroidismo, alcune delle più importanti sono:
• malattie autoimmuni (ad es. tiroidite di Hashimoto)
• rimozione chirurgica della tiroide
• terapia con iodio radioattivo
• alcuni farmaci (ad es. l’amiodarone utilizzato per le aritmie cardiache, il litio per determinati problemi psichiatrici)
Talvolta, invece, l’ipotiroidismo può essere congenito (nel qual caso è presente fin dalla nascita), dall’incapacità della ghiandola ipofisaria di produrre l’ormone necessario alla stimolazione della tiroide (TSH), dalla gravidanza o dalla carenza di iodio.

3.2 Quali sono i sintomi dell’ipotiroidismo?

Come già detto, i sintomi e segni dell’ipotiroidismo variano considerevolmente a seconda dell’età di insorgenza, della durata e dell’entità della condizione. Fra questi, si possono elencare:
• Stanchezza e sonno eccessivo
• Eccessiva sensibilità al freddo
• Costipazione
• Secchezza e pallore della pelle
• Gonfiore al volto e alle palpebre
• Voce rauca
• Debolezza e crampi muscolari
• Elevati livelli di colesterolo nel sangue
• Periodi mestruali irregolari o più abbondanti del solito
• Capelli assottigliati e fragili
• Depressione
• Problemi di memoria, eloquio lento
• Rallentamento della frequenza cardiaca
• Mixedema (accumulo di liquidi sottocutaneo)
Il mixedema è dovuto all’accumulo nei tessuti di alcune glicoproteine per ridotto smaltimento; maggiormente riscontrabile nelle forme più avanzate di ipotiroidismo, è particolarmente evidente nella cute, nei muscoli e a livello cardiaco contribuendo al gonfiore cutaneo e riduzione della performance muscolare e cardiaca.
Nei casi estremi, il coma mixedematoso costituisce la complicanza ultima dell’ipotiroidismo severo non trattato.

3.3 Ipotiroidismo infantile

L’ipotiroidismo infantile congenito, se non riconosciuto e trattato tempestivamente, determina danni irreversibili, soprattutto a carico del sistema nervoso centrale, con grave ritardo mentale.
Alla nascita possono comparire difficoltà respiratorie, ittero, costipazione, disturbi della suzione, ingrossamento della lingua, pianto rauco, difficoltà a mantenere il capo eretto e la posizione seduta, ritardo della maturazione ossea.
Nei casi non trattati si produce inoltre bassa statura disarmonica per brevità degli arti rispetto al tronco.

3.4 Diagnosi

Semplici esami del sangue con misurazione dei livelli di TSH e degli ormoni tiroidei (in particolare la tiroxina, FT4) permettono di diagnosticare facilmente l’ipotiroidismo anche nelle forme iniziali.
L’ecografia tiroidea ed il dosaggio nel sangue degli anticorpi anti-tiroide costituiscono un utile completamento, soprattutto nelle forme autoimmuni.

3.5 Trattamenti

Il trattamento standard per questa patologia consiste nella somministrazione (per via orale) dell’ormone tiroideo L-tiroxina per compensare lo squilibrio. In genere si inizia con basse dosi dell’ormone, da aumentare poi progressivamente.
Poiché nella maggioranza dei casi è necessario proseguire la terapia per tutta la vita, si rendono necessari periodici controlli per verificare l’adeguatezza della terapia.
Alcuni alimenti e farmaci possono inibire l’assorbimento della L-tiroxina. In caso di assunzione di integratori alimentari di ferro, colestiramina, calcio o idrossido di alluminio, o nel caso il paziente mantenga una dieta ricca di soia, dovrebbe parlarne con lo specialista.

3.6 Prevenzione

Fra i fattori di rischio specifici per l’ipotiroidismo, non ce ne sono di facilmente influenzabili per mezzo di modalità preventive.

Call Now ButtonChiama