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Intervista al Professor Marco Maria Lirici su: LE NEOPLASIE ESOFAGO-GASTRICHE

Cosa sappiamo della incidenza dei tumori maligni che interessano l’apparato digerente alto?

La patologia neoplastica del tratto digestivo superiore è rappresentata principalmente dal tumore dell’esofago e dal cancro gastrico.

Per quanto concerne il tumore dell’esofago in Italia si contano nel 2020 circa 2.400 nuove diagnosi (uomini = 1.700; donne = 700) con 1.900 decessi.

La sopravvivenza complessiva a 5 anni, purtroppo particolarmente gravosa, non supera il 12% negli uomini e il 17% nelle donne.
Ben diversi sono i dati epidemiologici nazionali per il tumore dello stomaco che conta nell’ultimo anno 14.500 nuove diagnosi (uomini: 8500; donne: 6000) con 8.700 decessi e una sopravvivenza complessiva a 5 anni del 31% negli uomini e del 34% nelle donne.

Quello che oramai sappiamo con certezza è che in caso di diagnosi precoce le sopravvivenze a 5 anni, sono significativamente migliori e nella maggior parte dei casi di tumori iniziali si può arrivare a guarigione e si possono eseguire trattamenti anche locali e non radicali demolitivi.

Ma siamo di fronte a un solo tumore maligno o ne esistono più forme?

La maggior parte dei carcinomi esofagei riconosce due varianti morfologiche: l’adenocarcinoma e il carcinoma squamocellulare. Il primo annovera quali fattori di rischio la malattia da reflusso di lunga durata, la presenza di esofago di Barrett e l’obesità, il secondo il consumo di alcool, il tabagismo o una pregressa radioterapia.

La classificazione degli adenocarcinomi gastrici avviene in base alla loro posizione (prossimali e distali), alla profondità di invasione (early e advanced) e all’istologia (intestinale e diffuso). Al di là di fattori di rischio comuni come l’alimentazione (consumo eccessivo di carni rosse, grassi, cibi affumicati ricchi di nitriti, alcool) e il fumo di sigaretta, nell’eziopatogenesi del cancro gastrico rientrano elementi peculiari ormai accertati come l’infezione da Helicobacter pylori, l’ulcera peptica, la presenza di metaplasia intestinale e la predisposizione genetica (FAP, sindrome di Lynch di tipo II).

Come si arriva alla diagnosi di queste neoplasie?

La diagnosi è spesso insidiosa dal momento che entrambe queste forme di neoplasia si accompagnano ad un corteo di sintomi aspecifici nella fase precoce palesandosi in modo eclatante soltanto negli stadi più avanzati con disfagia (difficoltà alla deglutizione) e odinofagia (dolore nella deglutizione), alterazione della voce, anoressia, calo ponderale e anemizzazione.

L’esofagogastroduodenoscopia con biopsie per esame istologico consente di eseguire una diagnosi di certezza mentre è necessario ricorrere ad esami strumentali come TC total-body e PET per una stadiazione completa. La profondità dell’invasione e l’entità delle metastasi linfonodali e a distanza al momento della diagnosi costituiscono i principali fattori prognostici per questi tumori.

Quale è il trattamento ottimale per la cura delle neoplasie maligne esofagee e gastriche?

L’approccio terapeutico al cancro dell’esofago e dello stomaco necessita della valutazione da parte di un team multidisciplinare in cui oncologo, chirurgo e nutrizionista siano in grado di assicurare al paziente un “continuum of care” (la continuità di un trattamento efficace). Se il trattamento endoscopico rappresenta una valida strategia terapeutica nei tumori limitati a mucosa e sottomucosa (early stage), per i tumori in stadio iniziale, oltre l’early, la chirurgia (esofagectomia e gastrectomia subtotale o totale con linfadenectomia) costituisce il gold standard.

La chemio e la radioterapia, soprattutto per gli squamosi dell’esofago, definiscono il primo approccio nei carcinomi localmente avanzati (neoadiuvante).

La chemioterapia neoadiuvante è indicata anche per le neoplasie maligne gastriche localmente avanzate in cui noi preferiamo un protocollo sandwich con alcuni cicli prima della chirurgia seguiti da altri successivi a questa.

Il progresso tecnologico e l’affinamento delle tecniche chirurgiche fa sì che nei centri di riferimento come il mio si eseguano questi interventi radicali con metodiche mininvasive (in laparoscopia o in toracoscopia) con gli stessi risultati oncologici ma garantendo al malato una miglior qualità di vita postoperatoria.

I trattamenti radio-chemioterapici sono infine la scelta unica e obbligata per i pazienti non eleggibili a chirurgia. Nell’insieme delle cure palliative da assicurare a questi ultimi casi, di fondamentale importanza risulta garantire un adeguato supporto nutrizionale con possibile posizionamento di protesi espandibili nell’eventualità di stenosi occludenti che non consentano il passaggio degli ingesti.

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