1. COLANGIOCARCINOMA DISTALE
l colangiocarcinoma distale (CCD), una volta conosciuto come colangiocarcinoma del coledoco medio-distale, è una neoplasia maligna di tipo epiteliale che origina nelle vie biliari extra epatiche situate al di sotto della linea ideale passante per la confluenza tra via biliare principale e dotto cistico (Classificazione del “Gruppo di studio del cancro del fegato Giapponese” , LCSGJ). Costituisce il 30% dei colangiocarcinomi. A differenza delle altre due forme, intraepatico e perilare, viene spesso descritto come lesione ad accrescimento papillare intraduttale.
Dal punto di vista macroscopico i CCE sono classificati secondo la morfologia del tumore e il suo pattern di crescita:
• Papillare (Infiltrante o Espansivo): il tipo Papillare (o polipoide) è nettamente delimitate dalla mucosa circostante ed è costituito da tumori intramucosi o intraepiteliali. I polipi tumorali possono essere peduncolati o sessili. Tipico dei CCD.
• Nodulare (Infiltrante o Espansivo): Il tipo Nodulare si solleva gradualmente dalla mucosa circostante. È composto principalmente dalla variante infiltrante. È di più frequente riscontro nei CCI
• Piano (Infiltrante o Epansivo): Il tipo Piano è formato da tumori che non si sollevano sulla mucosa, ma si accrescono lungo la parete del dotto. Questa peculiarità di crescita, che nelle fasi iniziali non è di tipo radiale ma longitudinale, è il motivo per cui è possibile evidenziare delle vere e proprie lesioni espansive solo tardivamente. Per lo stesso motivo CCA tende a determinare stenosi dei dotti biliari anche in assenza di grossolane lesioni espansive . Si riscontra più spesso nei CCP.
Nel 90% dei casi sono adenocarcinomi. Peculiare di questi tumori è la presenza di una ricca reazione desmoplasica che generalmente accompagna la crescita dei dotti biliari neoplastici.
Il più delle volte si presenta con sintomi di tipo ostruttivo: ittero, urine ipercromiche, feci acoliche, cattiva digestione, astenia, calo ponderale.
Talvolta il CCD può insorgere su patologie associate ad insulto flogistico cronico delle vie biliari quali la colangite sclerosante, le cisti del coledoco, la calcolosi intraepatica, la malattia di Caroli e l’infestazione da Clonorchis Sinensis (rara nei paesi Occidentali).
Recenti studi sostengono il possibile sviluppo dei colangiocarcinomi a partire da lesioni pre-cancerose, principalmente la papillomatosi biliare e la neoplasia biliare intraepiteliale, una condizione caratterizzata dalla presenza di anomalie dell’epitelio duttale di tipo displastico.
DIAGNOSI
Le tecniche di imaging non invasivo utilizzate nella diagnosi e nella stadiazione del CCA sono rappresentate dall’Ecografia, dalla RM, dalla TC.
ECOGRAFIA
È l’indagine di primo livello in tutti i pazienti con ittero. L’ecografia non è in grado di identificare la malattia ma consente di valutarne gli effetti indiretti come la dilatazione dell’albero biliare a monte dell’ostruzione. Può in alcuni casi escludere una causa litiasica.
TC SPIRALE E MULTISLICE
È l’indagine di secondo livello. La TC non sempre riesce ad identificare la lesione primitiva ma può valutarne i segni indiretti, quale la dilatazione della via biliare a monte dell’ostruzione. Risulta inoltre fondamentale per la stadiazione preoperatoria: valutare l’estensione locale con eventuale interessamento delle strutture anatomiche viciniori (in particolare l’infiltrazione vascolare); rilevare eventuali linfoadenomegalie e metastasi a distanza.
RM E COLANGIO-RM
La RM con mdc fornisce informazioni comparabili a quelle della TC nella valutazione del grado di infiltrazione vascolare. L’ acquisizione di sequenze colangio-RM fornisce inoltre immagini di tipo colangiografiche non invasive, in modo da determinare con precisione la sede e l’estensione della stenosi, ed un tipico segno differenziale tra le neoplasie della testa pancreatica e quelle dovute a stenosi della via biliare distale, cioè la dilatazione selettiva della via biliare senza dilatazione del dotto di Wirsung.
Tra le metodiche invasive la PTC trova scarso impiego, mentre assume un ruolo importante l’ ERCP, sia in fase diagnostica che terapeutica.
TRATTAMENTI
Il trattamento curativo dei CCD è solo chirurgico, con obiettivo di resezione completa del tumore (R0).
Vista la regione anatomica in cui è situato il CCD, è necessario un approccio chirurgico che è il medesimo di quello utilizzato per le patologie maligne dell’ampolla di Vater, del pancreas e del duodeno: la duodenocefalopancreasectomia (DCP), ovvero l’asportazione in blocco del duodeno, del coledoco e della testa del pancreas (oltre ad un’estesa linfoadenectomia).
Quando la chirurgia non è attuabile per lo stadio avanzato della malattia, possono essere utilizzati dei metodi palliativi che lascino il tumore in sede e ripristinino la continuità bilio-digestiva:
• Derivazione biliodigestiva con biliodigiunoanastomosi su ansa alla Roux
• Posizionamento di endoprotesi (tramite ERCP)
• Posizionamento di PTBD (tramite PTC)
1.2 COLANGIOCARCINOMA INTRAEPATICO
Il Colangiocarcinoma Intraepatico (CCI) è un tumore maligno che origina dai dotti biliari intraepatici oltre le diramazioni di secondo ordine. La maggior parte dei casi è un adenocarcinoma.
È la seconda più frequente neoplasia primitiva del fegato dopo l’HCC, corrispondente al 10 – 15% dei casi. Il CCI rimane comunque un tumore maligno raro, pari al 3% dei tumori gastrointestinali e il 10% dei tumori del tratto biliare, sebbene in Italia l’incidenza di CCI sia aumentata da 0,5 per 100.000 a 1,2 per 100.000 negli ultimi 30 anni. La maggiore incidenza si osserva tra la sesta e la settima decade di vita, con un rapporto maschi/femmine di 2:3.
FATTORI DI RISCHIO
I disturbi del tratto biliare quali l’infiammazione cronica, la colestasi e le epatopatie croniche rappresentano fattori di rischio per CCI ben definiti.
In particolare la colangite sclerosante primitiva (PSC), le anomalie congenite del dotti biliari (malattia fibrocistica del fegato, cisti del coledoco e la malattia di Caroli), calcolosi intra-epatica, infestazione da parassiti (Clonorchis sinensis e Opistorchis viverrini), e l’esposizioni ad alcune sostanze chimiche cancerogene (biossido di torio, diossina, amianto e radon) sono associati ad un aumentato rischio di sviluppare ICC.
Più recentemente le malattie epatiche HBV- e HCV- correlate e la sindrome metabolica sono stati riconosciuti come fattori di rischio significativi per CCI.
Nonostante il consolidato rapporto tra i fattori di rischio sopra indicate e CCI, essi possono essere riconosciuti solo in una minoranza di pazienti: in molti studi viene rilevata la presenza di PSC in solo l’1% dei pazienti con CCI, di litiasi intraepatica nel 3%, di anomalie congenite dei dotti biliari nel 1% e di HCV o HBV nel 8%. Questo indica che ancora molto sulla natura e sulle cause di questa neoplasia resta ancora da scoprire.
CLASSIFICAZIONE
Il Gruppo di studio del cancro del fegato del Giappone (LCSGJ) , cui la nostra scuola fa riferimento, ha proposto una classificazione macroscopica del CCI secondo l’aspetto e il modello di crescita del tumore. Secondo tale classificazione i CCI possono essere suddivisi in tre diversi sottotipi:
• Formante massa (mass forming, MF) caratterizzato dalla presenza di una massa solida nel parenchima epatico.
• Periduttale infiltrante (periductal infiltrating, PI) caratterizzato da una crescita infiltrativa del tumore lungo i dotti biliari intraepatici.
• A crescita intraduttale (intraductal growth , IG) caratterizzato da una crescita tumorale all’interno del dotto biliare lungo la superficie epiteliale con bassa frequenza di invasione della parete duttale.
La frequenza di ciascun sottotipo è del 60-70% per il tipo MF, 7-15% per il tipo PI e del 4-15% per il tipo IG; fino al 20% dei casi sono forme miste, più frequentemente di tipi MF + PI.
La patogenesi dei CCI potrebbe essere diversa tra le diverse forme: il tipo MF mostra una maggiore associazione con epatopatie virali; il tipo PI invece è più frequentemente associato con PSC, litiasi intra-epatica e infezioni parassitarie.
L’aspetto macroscopico riflette anche un diverso comportamento biologico: il tipo PI e il tipo PI + MF hanno mostrato una maggiore incidenza di metastasi linfonodali (60%) rispetto al MF (16-50%) o al IG (< 5%).
DIAGNOSI
Il CCI è un tumore a decorso subdolo, spesso asintomatico. Quando presenti i sintomi d’esordio sono vaghi e aspecifici, e la presentazione clinica può essere diversa tra i vari tipi istologici: pazienti con MF di solito non hanno sintomi anche con grandi masse epatiche; un ittero ostruttivo può verificarsi nei pazienti con PI a causa dell’invasione tumorale dell’ilo epatico; nelle forme IG infine una colangite senza ittero è più frequente per l’accrescimento endoluminale con l’ostruzione del dotto.
Il più delle volte il CCI è un reperto occasionale nel corso di esami strumentali eseguiti per altra causa. È inoltre necessario escludere la natura secondaria della lesione (metastasi).
Tra gli esami di laboratorio risulta utile il dosaggio della bilirubina, della fosfatasi alcalina, della glutamil-trasferasi, nonché dei marcatori tumorali CEA e soprattutto CA 19-9. L’esame strumentale di I livello è l’ecografia, seguita da necessario approfondimento con TC e RM con mdc.
TERAPIA
Esistono diverse opzioni terapeutiche la cui scelta si basa su diversi fattori, quali le condizioni generali del paziente (età e patologie concomitanti) e lo stadio della malattia (estensione locale e coinvolgimento di organi adiacenti o a distanza). Il trattamento può essere chirurgico oppure chemio- o radio- terapico (trattamento palliativo).
La chirurgia è l’unico trattamento che ad oggi offre un possibilità di sopravvivenza a lungo termine. La resezione epatica associata all’asportazione dei linfonodi del peduncolo epatoduodenale rappresenta l’intervento standard.
Il tasso di resecabilità del tumore è ancora basso, dal 30% al 60% dei casi diagnosticati, e questo a causa della presenza di metastasi intraepatiche (multifocali bilobari), di metastasi extraepatiche o di carcinosi peritoneale. Obiettivo della resezione chirurgica è quello di raggiungere la completa rimozione del tumore e dei linfonodi loco-regionali, con un adeguato volume epatico residuo.
I dati pubblicati dal nostro gruppo in un recente studio comprendente pazienti con CCI di tipo MF, vedono una mortalità operatoria dello 0%, il 23% di morbilità e il 90% di resezioni radicali (R0). La sopravvivenza in letteratura è di circa il 50-60% a 3 anni e le recidive compaiono in circa il 60-70% dei casi. I principali fattori di rischio per la prognosi sono la multifocalità e la presenza di metastasi linfonodali.
1.3 COLANGIOCARCINOMA PERILARE
Il colangiocarcinoma perilare (storicamente definito tumore dell’ilo o tumore di Klatskin) rappresenta il 60% dei colangiocarcinomi. Sono più colpiti gli uomini, con una maggiore incidenza nella 6ª e 7ª decade di vita.
È una neoplasia che deriva e coinvolge i dotti biliari di primo ordine (destro e sinistro), dalla confluenza biliare all’ilo epatico o il dotto epatico comune e può estendersi lungo la via biliare prossimalmente, all’interno del fegato, o distalmente lungo la VBP. Viene classificato in quattro tipi secondo Bismuth-Corlette (1975) in base alla sua estensione lungo la via biliare:
• Tipo I tumore localizzato nel dotto epatico comune, senza interessamento diretto della confluenza biliare
• Tipo II tumore localizzato alla confluenza
• Tipo III tumore localizzato alla confluenza con estensione al dotto epatico destro (IIIa) o sinistro (IIIb)
• Tipo IV tumore localizzato alla confluenza ed esteso ad entrambi i dotti epatici, di destra e di sinistra
Dal punto di vista macroscopico i CCE sono classificati secondo la morfologia del tumore e il suo pattern di crescita :
• PAPILLARE (Infiltrante o Espansivo) : Il tipo Papillare (o polipoide) è nettamente delimitate dalla mucosa circostante ed è costituito da tumori intramucosi o intraepiteliali. I polipi tumorali possono essere peduncolati o sessili. Tipico dei CCD
• NODULARE (Infiltrante o Espansivo) : Il tipo Nodulare si solleva gradualmente dalla mucosa circostante. È composto principalmente dalla variante infiltrante. È di più frequente riscontro nei CCI
• PIANO (Infiltrante o Espansivo) : Il tipo Piano è formato da tumori che non si sollevano sulla mucosa, ma si accrescono lungo la parete del dotto. Questa peculiarità di crescita, che nelle fasi iniziali non è di tipo radiale ma longitudinale, è il motivo per cui è possibile evidenziare delle vere e proprie lesioni espansive solo tardivamente. Per lo stesso motivo CCA tende a determinare stenosi dei dotti biliari anche in assenza di grossolane lesioni espansive . Si riscontra più spesso nei CCP
Nel 90% dei casi sono adenocarcinomi. Peculiare di questi tumori è la presenza di una ricca reazione desmoplasica che generalmente accompagna la crescita dei dotti biliari neoplastici.
FATTORI DI RISCHIO
Il CCP può insorgere su patologie associate ad insulto flogistico cronico delle vie biliari quali la colangite sclerosante, le cisti del coledoco, la calcolosi intraepatica, la malattia di Caroli e l’infestazione da Clonorchis Sinensis (rara nei paesi Occidentali).
Recenti studi sostengono il possibile sviluppo del CCA a partire da lesioni pre-cancerose, principalmente la neoplasia biliare intraepiteliale (anomali dell’epitelio duttale di tipo displestico) e la papillomatosi biliare.
La presentazione clinica d’esordio è generalmente caratterizzata da sintomi di ostruzione biliare: ittero, feci acoliche (di colore chiaro), urine ipercromiche (di colore scuro) e prurito, associati al riscontro dell’ innalzamento degli indici di colestasi agli esami emato-chimici (bilirubina totale e diretta, γ-GT e fosfatasi alcalina).
La colangite, cioè l’infiammazione dei dotti biliari, rappresenta il sintomo d’esordio in meno del 10% dei casi. Tra i marcatori tumorali quelli maggiormente correlati alla malattia sono il CEA e, soprattutto, il Ca 19-9 (quando supera i 100 U/mL ha una sensibilità del 90%). Questi marcatori sono però associati anche a quelle patologie neoplastiche con cui il CCP entra in diagnosi differenziale (ad es. le metastasi da carcinoma del colon-retto) e a quelle malattia epatiche spesso predisponenti ma non ancora tumorali. I markers sono per questo utilizzati per porre il sospetto diagnostico, per valutare la risposta alla chemio-terapia o la possibile ripresa di malattia post-intervento.
DIAGNOSI
In circa il 10-20% dei casi la diagnosi è casuale, verificandosi a seguito di indagini eseguite per routine o altre ragioni. Le tecniche di imaging utilizzate nella diagnosi e nella stadiazione del CCA sono rappresentate dall’Ecografia, dalla RM, dalla TC.
ECOGRAFIA. È l’indagine di primo livello in tutti i pazienti con ittero. L’ecografia spesso non è in grado di identificare la malattia ma consente di valutarne gli effetti indiretti, come la dilatazione dell’albero biliare a monte dell’ostruzione. Può in alcuni casi escludere una causa litiasica. Inoltre, con l’utilizzo dell’eco-color-doppler, permette una valutazione della pervietà della vena porta, dell’arteria epatica e delle vene sovraepatiche.
TC SPIRALE MULTISLICE. È l’indagine di secondo livello. Come l’ecografia, anche la TC difficilmente riesce ad identificare la lesione primitiva ma risulta fondamentale per la stadiazione preoperatoria: valutare l’eventuale diffusione intraepatica, per rilevare eventuali linfoadenomegalie e metastasi a distanza. Rende possibile l’acquisizione di immagini volumetriche del parenchima epatico e la valutazione del grado di infiltrazione vascolare, fattori fondamentali nella definizione della resecabilità del CCA.
RM e COLANGIO-RM: La RM con mdc fornisce informazioni comparabili a quelle della TC nella valutazione del grado di infiltrazione vascolare oltre ad una valutazione del parenchima epatico e dei linfonodi loco regionali. L’acquisizione di sequenze colangio-RM fornisce immagini di tipo colangiografiche non invasive, in modo da determinare con precisione la sede e l’estensione della stenosi. Tutte le metodiche sopra descritte non presentano valori di sensibilità soddisfacenti nella identificazione precoce del CCE. Questo dato è determinato dalla peculiarità di crescita del CCA che nelle fasi iniziali non è di tipo radiale ma longitudinale, motivo per il quale non è possibile evidenziare delle vere e proprie lesioni espansive.
La conferma della presenza di una lesione neoplastica alla base di una stenosi biliare evidenziata con l’imaging e la sua caratterizzazione istologica, quando necessario, è affidata a metodiche diagnostiche invasive quali la PTC o l’ERCP, che rivestono un importante ruolo anche in fase terapeutica.
TERAPIA
L’unica terapia ad intento curativo dei colangiocarcinomi perilari è la resezione chirurgica. Il trattamento mira alla resezione completa della neoplasia (margini indenni da malattia, R0).
Nella fase di preparazione all’intervento è importante valutare due aspetti: l’ittero pre-operatorio e il volume epatico funzionante residuo (FRLV). Sono questi i due fattori principali che concorrono nel determinare la principale complicanza di un’epatectomia maggiore: l’insufficienza epatica post-operatoria. Le strategie utilizzate per affrontare tali problematiche sono rispettivamente il drenaggio biliare, per la correzione dell’ittero, e l’embolizzazione portale, per l’aumento del FRLV.
Drenaggio biliare
Da numerosi studi emerge come l’ittero sia associato ad aumentata incidenza di insufficienza epatica e di mortalità post operatoria. Diviene pertanto necessario il drenaggio dei paziente itterici con un target di bilirubinemia <2mg/dL. Il drenaggio biliare, ottenuto sempre tramite procedure invasive, può essere di due tipi:
• Endoprotesi bliare: Consiste nel posizionamento di una protesi interna, che può essere plastica o metallica (quest’ultima ricoperta o non ricoperta), che viene posizionata nel corso di una ERCP (colangio-pancreatografia retrograda endoscopica). Più la stenosi è prossimale, maggiore è la difficoltà di un loro corretto posizionamento.
• PTBD (drenaggio biliare trans epatico percutaneo): È un tipo di drenaggio che viene inserito nelle vie biliari tramite un accesso percutaneo. Viene definito “esterno-interno” quando raggiunge la seconda porzione duodenale e garantisce la continuità bilio-digestiva. Viene definito “esterno” invece se il dotto infiltrato e dilatato viene drenato all’esterno, e il suo unico scopo è la palliazione dell’ittero. I PTBD vengono i posizionati nel corso di una PTC (colangiografia trans epatica percutanea).
Embolizzazione portale
Consiste nell’embolizzazione di uno dei due rami principali della vena porta in modo tale da indurre l’atrofia della parte di fegato che sarà asportata e l’ipertrofia compensatoria dell’emifegato contro laterale. Questo aumenta la possibilità di eseguire resezioni epatiche estese, per ottenere la radicalità dell’intervento, riducendo il rischio di insufficienza epatica post-operatoria. L’embolizzazione portale trova indicazione quando si pianifichi una resezione che decurti fino al 60% del volume del epatico.
L’intervento prevede la resezione completa della via biliare principale e l’asportazione dell’emifegato omolaterale al dotto epatico (destro o sinistro) nel quale la neoplasia si sviluppa prevalentemente. Si associa sempre la resezione del lobo caudato, perché si riduce il rischio di recidive, per motivi anatomici e prognostici. Più rara è l’estensione della resezione epatica ai settori paramediani del fegato rimanente, tale da configurare una trisegmentectomia. La resezione vascolare può rendersi necessaria per ottenere la radicalità oncologica quando i rami portali o arteriosi controlaterali alla neoplasia risultino infiltrati.
La chemioterapia e la radioterapia al momento non sembrano modificare significativamente la prognosi dei pazienti con questa patologia.
Quando non è ottenibile l’asportazione completa della neoplasia è necessario ridurre l’ittero ripristinando la continuità bilio-digestiva, cioè il fisiologico passaggio di bile dal fegato all’intestino, per poter poi eseguire trattamenti con finalità palliativa.